Quella volta al casino Slovenia

Eravamo giovani, ed erano gli anni ottanta. Un periodo storico troppo sottovalutato, in comparazione con le decadi precedenti che tanto vengono lodate per l’avanguardia artistica e sociale, per la lotta aperta alle ingiustizie, per le battaglie per i diritti. Sì, è così, queste cose ci sono state e vanno ricordate con orgoglio perché tanti sono stati gli esseri umani che ci hanno rimesso la vita. Sono stati decenni incredibili, magici anche, se si pensa alla musica prodotta e alle opere artistiche regalate al mondo. Però, bisogna, credo, includere tra quelle che hanno rivoluzionato la storia contemporanea, anche la decade degli ottanta. 

Gli anni ottanta ci hanno regalato musica eccezionale, ma soprattutto una libertà di espressione senza precedenti. Non ricordo altri periodi in cui musicisti e artisti abbiano espresso le loro personalità con così tanto coraggio, audacia, volontà di scioccare e far parlare di sè. Era il periodo del diverso, dell’unico, dell’anticonformismo. 

Ricordo, di quegli anni, la nostra voglia di essere visti, riconosciuti per quelli che eravamo, senza paura di non essere accettati, senza temere la costrizione all’uniformazione. Ricordo che passavamo il tempo in tanti modi diversi, lontano dalla realtà tecnologica dalla quale dipendiamo oggi giorno. Ricordo in particolare una visita al casino Slovenia. Si era deciso di andare a vedere cosa fosse, come fosse fatto, e di provare il gioco d’azzardo. Non eravamo affatto interessati a diventare ricchi, né avevamo la passione dei soldi. Ci incuriosiva semplicemente l’idea di cosa ci fosse all’interno di quell’edificio che spesso vedevamo e di cui si sentiva parlare in continuazione. 

Il casino Slovenia era stato costruito negli anni settanta, prodotto delle politiche libertarie di quegli anni. Come tutti i casino, anche il casino Slovenia aveva da subito contribuito in bene all’economia locale e, per questo, era stato, ben presto, accettato dalla comunità. Piuttosto eccentrico nell’aspetto, l’edificio si stagliava alto tra gli alberi che lo circondavano, isolato dal resto della città, in modo che i giocatori non dovessero passare davanti allo sguardo indagatore di chi, nella comunità, giudicava negativamente tale tipo di passatempo. Al casino Slovenia ci andavano tutti i tipi di persone, giovani, adulti, anziani, ricchi, benestanti, poveri, amici, persone single, artisti, politici, ingegneri. Nessuno si guardava intorno impaurito di venir messo alla gogna la mattina seguente, una volta giunto in ufficio. Era una sorta di comunità a parte, più libera, più onesta. Questo mi aveva colpito del casino Slovenia. Avevo passato la serata chiacchierando con conoscenti, amici, anche qualche sconosciuto. Avevo respirato un’aria fresca di sincera libertà. Un’aria che oggi non si respira da nessuna parte, se non in contatto isolato con la natura intatta. Un’aria che rappresentava una socialità al suo apice, al momento più alto, più evoluto, più mentalmente aperto alla giustizia.

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